Cammino e mi fermo
nel giardino dalle foglie grandi
di piante esotiche
e vecchi ricordi
dal tempo che fu
quando nient’altro ero
che una fantasia
e tra il verde e il fucsia
e tra il bianco ed il blu
le mie capriole
come rugiada
rallegravan il sentiero di chi andava
sul filo teso dell’orizzonte.
Le stelle erano pronte
e mi chiamarono alla mia ora
gettandomi tra le luci
poi donandomi una visione
più umana
in cui raccontare
la mia natura più vera.
Riprendo il cammino sul filo
aggrovigliato del mattino
e al vento ricambio le carezze
e alla terra rendo ricchezze
tra il rosso del sangue e
il giallo della candela
che brucia da quella sera
in cui fui fatta una donna.
Nel dolore del distacco
quanto amore! Quanto amore
da chi crea al suo creato,
quanta gioia nell’esserne
sempre ricreato! Quanta
bellezza nel ritornar prato
e stella e universo nell’infinito!
Nell’abbraccio del mio mondo
sprofondo e risorgendo riconosco
la solitudine
che ne è fondamento e fine.
Non ho senso né direzione,
sian libere le mie rime!